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Leone Pontara - mio sempre caro figlio
Monte_Maggio_1

Descrizione

Tratto dal libro tascabile scritto da don Francesco Galloni, cappellano militare del Btg. Monte Suello, 5° Rgt. Alpini

 

Cuor di Soldato

dal fronte, 30 ottobre 1917

LEONE PONTARA

"[...]Scendevano dal Monte Nero gli alpini della 91a quando in Val Natisone verso Caporetto si univano al giovane battaglione di Monte Suello.
L’incontro fu più che mai festevole, e noi vedevamo con orgoglio quegli anziani di guerra che venivano a mettersi al nostro fianco a in­quadrare l’imminente battesimo delle nostre gio­vani schiere.
Seguirono alcuni giorni di riposo tra le colline dei luminosi paesaggi vicentini che aveva ac­colto per una energica e formidabile preparazione offensiva i nostri migliori battaglioni. Guarda­vamo agli altipiani, alla Val Sugana, punto di par­tenza di una battaglia che ci avrebbe portati oltre le barriere, giù verso Rovereto e verso Trento, come allo stadio della nostra prima gara, come al campo del nostro primo trionfo. Un giorno suonò un allarme: da tutta l’estesa zona gli alpini corsero agli accantonamenti ; giungevano da ogni parte i camions, pochi ordini, pochi accenti e comprendemmo tutto; si lasciò ogni cosa, ogni bagaglio; fucile e giberne, e volammo sulle ampie strade polverose, volammo in poche ore dalle borgate ridenti e tranquille, per le valli ignote, alla trincea, e la trincea era già fatta di morti e di feriti, e sui nostri morti, sui nostri feriti giurammo in un lampo fulmineo e sicuro come la voce della nostra coscienza e dei nostri cannoni, la nostra fedeltà alla patria. E i battaglioni si divisero, e le compagnie vennero stac­cate e disperse lontane le une dalle altre: biso­gnava correre, bisognava arginare la fiumana che irrompeva, che aveva travolto i nostri baluardi, e s’affacciava ai piani.
Vivemmo due giorni assorbiti nella stessa ago­nia senza sapere, senza poterci ricordare l’uno dell’altro. La sera del 19 lasciava a Cima Bisorte la 140a che un’ora dopo le colonne nemiche as­sediavano. Isolata, senza collegamento, senza pos­sibilità di aiuto perchè il mio messaggio non sarebbe giunto al Comando che dopo alcune ore, la 140a accettò da sola la battaglia: circondata da ogni lato, annidata tra roccia e roccia sfruttò tutte le insidie e le risorse del terreno, consumò tutte le cartuccie, si difese ancora coi sassi, si slanciò alla baionetta sperando sempre in un soccorso che non poteva giungere. I superstiti si arresero quando la notte calava chiudendo ai prodi ogni speranza; essi avevano fatto pagare assai cara agli austriaci la loro cattura. A passo Borcola mi ragg­iungevano alcuni pochi fuggiaschi, dagli oscuri cenni dei quali, potei costruire i ultimi momenti della compagnia. E che ne era delle altre due? Dalle alture del Bisorte e dalla Val Terragnolo avea veduto durante il giorno, ondeggiare, poi procedere i quadri nemici lanciati all’assalto: li aveva veduti manovrare con successo dopo che sulle nevi e sulle punte acuminate, avea anche ve­duto gli orrori di un bombardamento infernale. Erano le vampate, erano le ore di sangue di Monte Maggio e di Coston dei Laghi ; là stavano le due compagnie che cercavo e speravo di raggiungere.
Ero da poco incamminato verso la linea; una quiete insolita era già piombata sulla zona, io salivo col funerale nel cuore. Incontrai il Mag­giore che mi strinse la mano convulso, aveva gli occhi pieni di lagrime. Dove và Cappellano? « Alle compagnie » Resti, resti, che le vedrà tra poco quelli che ci sono, aggiunse, e sul volto gli passava un segno amaro angoscioso. Arriva­rono i superstiti; scendevano ordinati, lo sguardo muto e tramortito; ne mancavano tanti, tanti! Ho fatti alcuni nomi e poi basta; non ebbi più coraggio di chiedere: anche Leone mancava. I compagni l’avevano veduto gettarsi contro un nucleo d’austriaci che avevano accerchiato alcuni dei nostri tra i quali v’era il tenente Gualtieroni, l’ufficiale di Leone. Leone scomparve nella mischia e non ritornò più. Dopo diversi mesi di al­ternative tra speranze e timori, giunse dall’ Austria la notizia: Leone Pontara morto a Monte Maggio il 20 maggio 1916.
A casa vi era un tesoro custodito da preghiere e da lacrime. Quando venne l’annuncio dell’olocausto si aprì una busta; era stata mandata l’anno prima in­dirizzata al bambino, ma con preghiera che non ve­nisse aperta se non dopo la morte del genitore.

Il Testamento
Dal fronte di guerra 17-10-1915.

Mio sempre caro Figlio,

Oggi festa 17 ottobre 1915 mi trovo a riposo per ritemprare le mie forze adoperate nei giorni 12-13-14-15-16 corrente mese. Su di queste vette, in lotta col tremendo nemico, e sapendo purtroppo che domani giorno 18 c.m. sulla sera dovrò affrontare ancora la morte e non sapendo di essere sicuro di essere al caso di dettarti due righe, righe che mai, mai, non ti dimenticherai di praticarle dal momento che capirai e che avrai lume di ragione. — In coscienza oggi che con l’aiuto di Dio posso dettarle come Padre tuo in sollievo della tua cara Mamma che tanto t’ama, così ti parlo io pure col cuore in mano: e così dirò, sempre se il mio destino fosse di morire in guerra da voi lontano questa mia lettera son certo ti sarà sempre e scrupolosamente conservata dalla tua cara Mamma per quando sarai adulto. E te ne prego di imitare i miei consigli — sem­pre se il mio destino fosse rio. — E così mio Mario che tuo povero padre non ti abbandona anche se dalla guerra giusta non fosse fortunato di ritornare.

— Senti. —
Appena sarai grandino frequenta la scuola con gran amore, e ci andrai fino che le condizioni di tua Mamma lo permetteranno. — Ricordati che il primo dovere che abbiamo noi uomini è quello di amare Iddio, e istruire il cuore — questo è il primo dovere. — Poi ama la tua Mamma sempre sempre gli sarai ubbidiente sempre.
Voglia il cielo dar lunga vita ai tuoi cari Nonni e loro ti diranno come io l’ebbi sempre amati e come loro fui sempre ubbidiente. Guai a te se quan­do sarai uomo e che io padre tuo non abbia la fortuna di guidarti in questa vita, dovessi essere testimonio nell’altra vita che tu dai disturbi alla tua mamma o famiglia. — Ama tanto la Religione — non bestemmiare mai mai i S.S. Nomi di Gesù e di Maria — non farti gola mai della roba altrui — non perderti mai con compagni — compagni fanne pochi, pochi, e quei pochi siano buoni. — Sii onesto sempre — sempre procura di avere il cuore puro e per aver questo ricordati sempre di tuo padre. — Sii laborioso e allegro e volonteroso con tutti — e in fine ti raccomando l’amore alla tua Mamma. Amala sempre sempre e così sii riconoscente ai tuoi benefattori.
Senti bambino mio, tutto questo ti raccomando; se dovessi cadere colpito in guerra non dimenti­carlo mai. E se sarò fortunato di venire a casa allora penserò io a farti uomo. Te e mamma tua — tuoi cari Nonni siate sempre allegri come io pure, in questo momento che ti detto questo di mio proprio pugno.

Tuo per sempre padre Leone.
Mille baci a te e Mamma e Nonni tuoi cari.
"