Skip to content
Quasi Aurora Consurgens - Ave Maria
439788302_122141491664174227_5327248802082718845_n

Descrizione

Nelle pagine dell'"Ave Maria" trovano spazio l'esperienza di vita e la fede di un cappellano militare, Mons. Francesco Galloni (1890-1976) e di un noto artista milanese, Aldo Carpi (1886-1973). Il lettore che inizia a leggere questo saggio viene colpito e commosso fin dall'inizio, dalla genesi dell'opera, che si rivela subito di carattere esistenziale e di forte impatto emotivo. E' lo stesso Mons. Francesco Galloni che spiega come sia stato spinto dall'amico artista Aldo Carpi a scrivere alcune riflessioni sulla Vergine Maria, basandosi su una collezione di disegni che illustrano la preghiera dell'Ave Maria, che lo stesso Carpi aveva abbozzato negli anni bui dell'internamento al blocco 30 del Campo di concentramento di Mauthausen. La narrazione, affidata a Galloni, si muove tra una rapita contemplazione dell'intimo coinvolgimento di Maria di Nazareth nella storia della salvezza e nella vita della Chiesa, e diversi ambiti della sua esperienza apostolica e religiosa che dalla Grande Guerra, vissuta da Alpino plurimedagliato nel Battaglione Monte Suello, si sviluppa nell'Oriente balcanico dove fonda e dirige l'Opera Italiana Pro Oriente, accompagnato nel suo cammino apostolico da due futuri, Papi Giovanni XXIII° e Paolo VI°.
Il lettore è invitato ad "immergersi" nei singoli capitoli seguendo la sequenzialità del testo o scegliendoli casualmente, potendo in ogni caso gustare, in parole ed immagini, la bellezza della "contemplazione" della presenza e dell'azione di Dio, mai riconducibile a semplice schema.

COME NACQUE L'IDEA DELL'AVE MARIA

(lettera inviata da Aldo Carpi negli anni 60)

A Mauthausen avevo perso la partita che speravo guadagnata e che pareva mettersi bene; dal Blocco 17, dove con polacchi cecoslovacchi e russi facevo in qualche modo il pittore, mangiavo un poco di più dopo mesi di quarantena fatti al BL 18, dove ero trattato un pò umanamente, poi in modo assai brusco, fui mandato al BL 14, ancora in quarantena, dove si stava molto molto male; qui dormire era impossibile per l'accatastamento inumano degli uomini in terra.
Al BL 14 mi si preparava una grande spedizione, un “trasport" verso il campo di lavoro (eliminazione) di GUSEN. Qui giunto a piedi con zoccoli rotti e non miei, io fui assegnato coi molti camerati al Blocco 31 che era il peggiore di tutti i campi; là trovavasi il Banhoff, ossia Stazione, dove gli uomini arrivavano vivi e ripartivano morti per il crematorio.
Dopo otto giorni di lavoro allo Steinbruk di Saint Georges, ossia alla cava delle pietre di Gusen, sotto pioggia e freddo e vento ininterrotti, io ero abbrutito, intontito, dimagrito, ferito alle mani ed ai piedi, ammalato in ogni parte del corpo; ebbi poi febbre e tosse e potei essere ricoverato al BL 29 del Revier (ospedale). Quando arrivai a Gusen incontrai l'avvocato Albertini di Pallanza, che mi aveva preceduto, giovane in gamba e mio caro amico, che bene aveva imparato a muoversi nel campo, cosa tutt'altro che facile. Egli mi presentò ad un capo belga che era ad un ufficio di controllo del lavoro, e questi mi fece conoscere il Doctor prosector Felix Stanislaw Kaminski, che dirigeva il gabinetto di anatomia dell'ospedale nella baracca del crematorio. Questo medico, per fortuna mia voleva imparare pittura da un pittore italiano; questa conoscenza doveva essermi otto giorni dopo veramente provvidenziale, perchè mi rese facile l'ingresso in ospedale e la cura poi al BL 29 di malattie interne. Più tardi lo stesso kaminski, mentre io ero agli sgoccioli della mia vita, mi chiamò il chirurgo dr. Toni Goscinski il quale mi operò d’urgenza di alcuni ascessi che stavano, come ho detto con l’esaurimento che avevo, portandomi al mondò di là.
Al BL 27 rimasi due mesi, grazie anche all'attenzione che di me, pittore, avevano il Capitano medico Haùsturmfurer Elmuth Verter ed il sergente capo dell'infermeria Hans Giovanazzi; questi fu dopo il maggio 45 condannato a morte e poi graziato: il Capitano Vetter non ebbe questa fortuna e subì la condanna: la mattina del supplizio mi scrisse brevissime parole di saluto.
Come ci è difficile oggi formulare in giudizio definitivo, e come è doloroso per ogni verso.
Fu in questo BL 27 che ebbi la prima impressione dell'Ave Maria.
Al BL 27 la notte consideravo e ripetevo nella mente la prima parte dell'Ave in latino, e la sentivo come una grande opera d'arte, pura essenziale, come scolpita in pietra da grande artefice; la mia mente e forse anche l'anima, richiamava sempre, come una dovuta dedicazione, la Madonna col Bimbo e San Francesco del Lorenzetti che è nella Chiesa Inferiore di. Assisi, dipinta a fresco con fondo oro.
L'affresco e la preghiera occupavano la mia triste mente che quasi poteva contemplare la reale presenza e godere con meraviglia la bellezza semplice divinamente misurata.
Al BL 30, ove fui trasferito per la convalescenza, era molto difficile dormire la notte: ho l'impressione di non aver mai potuto dormire; notai nell'insonnia perenne avvenire quasi uno strano sprofondamento che mi faceva raggiungere la luce del mattino,.
Sempre, al BL 30, dove io dormivo, si udivano la notte urli pianti e bestemmie che venivano dal Banhoff del BL 31, dove giornalmente gli uomini degenti di ogni età, ma amai più giovani, morivano in gran numero e venivano buttati fuori nel cortiletto divisorio, tra il mio blocco e quello davanti alla mia finestra.
Io i primi tempi chiedevo ai miei amici polacchi del River di spiegarmi il perchè di tutte quelle grida, specie urli di giovani e giovanissime voci, e chiedevo, ingenuo, se era possibile provvedere, ma nessuno mi rispondeva e solo tutti mi guardavano.
Allora non domandai più nulla a nessuno, perchè nessuno avrebbe mai aperto bocca, neppure il mio carissimo Stephan Malost che, con affetto filiale e commovente, sempre mi aiutò a capire e a vivere nel “lager”.
La notte allora tentavo di sprofondarmi nella preghiera silenziosa, seguendo la via delle nostre più semplici famigliari preghiere, ma difficilmente potevo portarne a termine una, perchè la mia mente si perdeva sempre nel nulla.
Mi posi a comandarmi con volontà: lentissimamente, silenziosamente sillabando, con un ritmo che mai doveva permettere uno spazio libero tra sillaba e sillaba, parola e parola, assecondavo il formarsi di una catena psichica che mi tenesse legato e mi impedisse di valutare, non di udire, quelle grida di dolore ed altro che mi ferivano l’anima.
Sotto l’azione di questa misteriosa invisibile catena intravidi il distendersi ed estendersi del significato dell’Àve: questo significato diventava vasto quanto tutta la religione cristiana, ed appariva molto più vivo e presente di sempre come non mai avevo sentito.
Tracciai tanti piccoli disegni, quando già ero libero a Mauthausen, per evitare, se mai, di perdere l’idea che via via si incrementava nell’animo mio.
Ma io, già libero a Milano, ero ancora stanco e sfasciato; avrei dovuto logicamente eseguire io le tavole illustrative ...ed ancora me lo domando - ma mi pareva una fatica insuperabile. Incaricai allora il pittore Italo Zetti di incidere sotto mia guida delle Xilografie per la parte essenziale dell’AVE; la parte interpretativa è stata invece con altra tecnica condotta da mio figlio Cioni, sotto la mia guida.
L’amico caro Mons.Francesco Galloni vecchio Alpino mi sostenne in questa realizzazione che ora, per opera sua, dovrebbe vedere, dopo tanti anni, il sole a conferma della Fede nostra!
(firmato Aldo Carpi)

 

dal DIARIO DI GUSEN

13 febbraio 1945
Piccola Maria, pensai di te una volta «molte volte Maria», e mi riferivo alla Maria del Vangelo. Quel Vangelo che leggo oggi, libro raro qui, e che mi pare tanto reale e vero nei fatti che, semplicemente, svolgono l’idea divina davanti alla coscienza attonita degli uomini. Quell’«Idea divina» che qui sembra assente, tanto è lontana da ciò che si vede e si ascolta, e che invece è latente sotto la scorza di molti, che hanno sete di questo «immateriale» che solo li può innalzare, portare fuori da queste mura, sopra, sino a non vederlo più, il reticolato mortifero."

 

dall'AVE MARIA

"Un giorno Aldo Carpi mi venne a trovare; era da qualche tempo rientrato dalla prigionia dove aveva lasciato brandelli della sua carne e offerto l’olocausto di un figliuolo diletto. Ma aveva riportata integra la sua anima in cui gli spasimi inenarrabili avevano destato più vivo il senso del divino e fatta più potente e più ricca la cristiana comprensione degli uomini, in cui, anche nei peggiori, sapeva scorgere la creatura di Dio, capace, per il sangue dell’Immolato per tutti, di misericordia e di redenzione. Cavò di tasca un taccuino: su foglietti spiegazzati vi erano alcuni disegni a matita. « Vedi qui, mi disse, nei momenti del mio più grande travaglio nei quali ebbi il terrore di smarrirmi e di cadere ho commentato, come potevo, l’Ave Maria.
Maria era anche il nome di mia moglie. Il cuore della Vergine e il pensiero di quella creatura che mi aspettava mi hanno sostenuto e sono qui. Che ne dici di queste cose? Ti pare che valga la pena di tirarli fuori? ». Gli risposi « qualcosa ho da dire anch’io sulla Madonna: mettiamo insieme le nostre voci e ne uscirà il nostro racconto su Maria»."

"Caro Aldo, tu hai visto la bestia nei campi di concentramento. Tale sarebbe divenuta e diverrebbe tutta la terra se non esistesse la Chiesa. E non concepiremmo la Chiesa senza Maria. La presenza di Maria realizza la presenza di Cristo; il Sangue di Lui è il Cuore di Maria: ad Essa l’umanità è stata consegnata ai piedi di un patibolo: la Croce."

"Un giorno riunivo le Suore e manifestavo loro quello che il cuore esperimentava e custodiva da tempo: la nostra epoca sarà particolarmente l’epoca di Maria, la trionfatrice di satana e delle forze avverse che contestano l’onore di Dio — è Maria; Madre di Cristo, è la Restauratrice del Suo Regno; Essa che ricondurrà l’umanità a Lui. Sentivo questo con tale forza e tale evidenza da provarne una certezza assoluta. Invitavo le figliuole a porre le nostre Case nella luce di Maria, a consacrarLe la vita e fare di questa il suo canto e la sua parola."